La Corte Costituzionale si è pronunciata più volte in merito al mantenimento del figlio maggiorenne.
Con l’ultima sentenza, n. 5090 del 26 febbraio 2025, ha ribadito gli orientamenti costanti della giurisprudenza, affermando che, per quanto riguarda il mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti, la parte richiedente deve fornire prove complete e adeguate al giudice competente, che ha il compito di valutare: l’età del figlio, il suo livello di specializzazione professionale, il grado di impegno nell’ottenere un’occupazione, nonché la reale incapacità di reperire un lavoro stabile e adeguato alle proprie competenze.
Con la recente pronuncia, la Suprema Corte ha inoltre affermato che tale incapacità non può essere provata solamente producendo una documentazione medica non recente.
Come già sostenuto in precedenza (Cass. n. 5809/2019), il compito di valutare le circostanze specifiche spetta al giudice di merito, il cui operato è insindacabile in Cassazione, tranne per i vizi processuali previsti dalla legge.
La Suprema Corte, su questo tema, ha anche affermato che l’assegno di mantenimento ha una funzione di sostegno e di assistenza per i figli maggiorenni non ancora autonomi economicamente.
Precisa, tuttavia, che l’assegno è revocabile ogniqualvolta i figli maggiorenni non raggiungano un’autosufficienza economica per negligenza o inettitudine, o comunque quando vi sia mancanza di impegno negli studi, o qualsiasi altro percorso formativo che conduca al conseguimento di competenze professionali e ad un’occupazione (Cass. n. 18785/2021).
La Cassazione, con la sentenza n. 29264/2022, ha sancito che, al di fuori dell’obbligazione alimentare, in capo ai genitori non c’è nessun obbligo di mantenimento del figlio quasi trentenne a tempo indeterminato in una situazione di inerzia passiva dello stesso, che dovrebbe adoperarsi per raggiungere la propria indipendenza economica, anche grazie ai diversi strumenti di ausilio statali finalizzati ad assicurare un sostegno al reddito.
Per concludere, il figlio maggiorenne che non abbia un’occupazione lavorativa stabile o sufficientemente remunerata ha diritto al mantenimento da parte dei genitori soltanto se dimostra di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente.
La Corte precisa inoltre che, ferma restando l’obbligazione alimentare in capo ai genitori, il figlio non può pensare di soddisfare le proprie esigenze di vita autonoma, soltanto mediante l’aiuto parentale, ma deve attivarsi attivamente (Cass. n. 12123/2024).