L’assegno divorzile è disciplinato dall’art. 5 della l. 898/1970.
Tale norma stabilisce che l’obbligo di corresponsione dello stesso cessa nel momento in cui il coniuge passa a nuove nozze.
L’orientamento attuale delle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 32198/2021, ha affermato che, in caso di convivenza more uxorio, l’assegno divorzile non viene meno automaticamente ma è necessario accertare giudizialmente alcune condizioni.
La Cassazione afferma che, in caso di convivenza stabile, pur venendo meno la componente assistenziale dell’assegno, è necessario valutare ed eventualmente rimodulare la componente compensativa dello stesso.
Chi richiede la modifica dell’assegno, deve dimostrare la nuova formazione familiare stabile, anche tramite una dichiarazione anagrafica o indici di progettualità in concreto, quali la coabitazione o la presenza di figli della nuova coppia.
La presenza della coabitazione, per la Suprema Corte, ha un valore meramente indiziario, che deve essere valutato unitamente ad ulteriori circostanze, mentre l’assenza della medesima non è di per sé decisiva ai fini dell’assegno.
Per la revoca dell’assegno divorzile nella sua componente compensativa è necessario che sussista un nuovo progetto di vita con il nuovo partner, dal quale discendano reciprocicontributi economici e obblighi di assistenza morale e materiale.
D’altro canto, chi richiede l’assegno divorzile deve provare che l’attuale mancanza di mezzi adeguati al suo mantenimento è il risultato di scelte comuni con l’ex coniuge, effettuate in passato nell’interesse della famiglia.
Il giudice deve tenere conto quindi: della durata del matrimonio, delle effettive potenzialità professionali e reddituali del richiedente alla cessione del matrimonio e valutare se l’eventuale squilibrio economico sia riconducibile a scelte comuni in costanza di matrimonio.